Menez, la portata più raffinata servita pian piano da Spalletti

La cucina francese non tutti la amano, del resto bisogna avere una certa predisposizione per i sapori forti, decisi, per le combinazioni inusuali e per certe raffinatezze che ad un primo assaggio possono lasciare disorientati.
È chiaro che spalmare un ricciolo di Camembert sopra un crostino di pane aromatico o estrarre il contenuto voluttuoso di una escargot sono operazioni per cui serve una delicatezza alla quale bisogna arrivare per gradi. E gradualmente Luciano Spalletti dosa la sua portata più raffinata: di Jeremy Menez basta una mezza porzione per non dimenticarsi più che sapore abbiano i suoi stop in corsa, le sue serpentine, le finte a rientrare, una progressioncina sulla sinistra per stuzzicare l'appetito, come un consommé aromatico sotto la pioggia umida di Napoli; una rifinitura stuzzicante come una scodellina di Bouillabaisse per Baptista, che la divora troppo in fretta, una mousse di accelerazioni per concludere in dolcezza, magari facendosi servire il caffè italiano o, meglio, napoletano come ieri.
Nonostante le contaminazioni storiche figlie dei secoli passati, però, non tutti i partenopei digeriscono le prelibatezze transalpine, c'è da dire; ad esempio Contini e Santacroce ieri, già piuttosto affaticati a livello digestivo dopo un'ora di Vucinic e compagni, hanno accusato nausee a ripetizione, storditi dall'effluvio di certi ingredienti, soprattutto nell'uno contro uno, che era un po' come fronteggiare il Veuve Cliquot con un cartone di Tavernello, nel loro caso. Certo qualcuno potrà rimproverare lo chef , Luciano Spalletti, di essere ancora un po' troppo parco nella proposizione di Menez nel menù giallorosso, ma evidentemente certi manicaretti vanno centellinati, visto che dopo un solo girone si può dire di essere ancora nella fase della degustazione. Ad ogni assaggio, comunque, Caprice De Dieux.

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